Quantcast
Channel: veronainblog » Contributi
Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

Ritorno in Emilia

$
0
0

mirandolaIn giugno ero stato a Mirandola per cercare di capire cosa fosse accaduto dopo le potenti scosse di terremoto del 20 e del 29 maggio. Volevo capire la situazione, le necessità, i bisogni. E lo volevo fare con i miei occhi.
Grazie a Sara, assieme ad Avi e Michele nei giorni scorsi sono stato a Cavezzo, uno dei comuni maggiormente colpiti.
Campo della Protezione Civile dell’Abruzzo. Sbarra, molte persone in divisa si girano a guardarci ma nessuno ci chiede nulla. Entriamo. Potremmo essere chiunque. Non importa.
Nell’area di animazione ci sono pochi bambini, 5 o 6. Le volontarie, arrivate come tutti i fine settimana da Modena sono perplesse. Sembra di essere in una fase di sbragamento. Quando siamo arrivate, ci raccontano, era pieno di bottiglie di plastica sparpagliate tutto intorno. Come se ci fosse stata una festa.
Giriamo per il campo ed entriamo in una tenda. Dentro non c’è nessuno. Il caldo è notevole. Dieci posti letto, un condizionatore spento, all’ingresso della tenda, un po’ di vestiti messi in qualche modo nei pochissimi centimetri liberi. Continuiamo il giro senza incontrare nessuno. Usciamo dal Campo.
Fuori incrociamo un Polibus di Emergency. Quello, è il nome affibbiato al Polibus, è stato spostato velocemente dalla Puglia all’Emilia. Ci viene incontro Fatah, l’autista tunisino dell’ambulatorio mobile di Emergency, arrivato in Italia cinque anni or sono. All’interno ci sono persone in attesa di essere visitate dal medico. Alcune donne indossano il velo. Una ragazza italiana arriva accompagnata dal padre, entrano e si siedono in attesa. Parliamo con Fatah e Michele, il mediatore culturale. L’ottanta per cento dei pazienti sono migranti. Per loro esiste un problema di lingua e di comunicazione: pochi sanno dove andare e cosa fare. Michele ha voglia di fumare. Fuori, all’ombra striminzita di un “albero da parcheggio” ci raggiunge anche il medico. Arriva un signore in bicicletta. Vuole ringraziare il medico perché l’antidolorifico prescritto ha avuto successo e lui è riuscito a dormire. Ringrazia, un colpo di pedale e se ne va.
A pranzo, sotto il tendone prevalgono le divise delle varie “protezioni civili”. Pasta, bistecca, verdura, frutta e acqua. C’è un’energia stanca ma il cibo è molto buono.
Tra i molti Campi sorti sul territorio ce n’è uno che ci interessa molto ed è quello allestito all’interno del Palaverde dove la maggioranza è formata da migranti. Ci avviamo a piedi cercando l’ombra e costeggiando le rovine di alcune case crollate e quelle di un supermercato. Della chiesa rimane solo la facciata mentre il campanile è privo della punta. Tutto è transennato. Mattoni, ferri, lavatrici, frighi, pezzi di gomma. Vicino alla caserma dei carabinieri c’è un’auto sfondata. Ci sono pezzi di lenzuola con varie scritte, una di queste ringrazia i Vigili del Fuoco di Bergamo.
Lungo il viale notiamo un gazebo dove Sonia ed altri volontari che arrivano da tutta l’Italia, praticano gratuitamente un trattamento shiatsu. Oggi c’è un volontario arrivato da Trento.
Giriamo attorno alla chiesa, percorso obbligato dalle transenne di chiusura di tutta l’area, ci fermiamo a bere dell’acqua ad un bar gestito da cinesi. Entriamo nonostante sui manifesti affissi all’esterno si inviti a non entrare. Non siamo i soli.
Via 1° maggio, via Della Libertà, via Salvador Allende. Siamo arrivati al Palaverde. All’ingresso c’è un volontario della Protezione Civile di Rimini, appena arrivato. All’interno un caldo notevole ed un centinaio di brandine. Fino a qualche giorno fa il palazzetto era pieno zeppo e le brandine più del doppio delle attuali. Nessuna riservatezza, nessun telo divisorio. Uomini e donne, famiglie, bambini, anziani, migranti ed i pochissimi italiani tutti mescolati, con qualche problema di convivenza ed una tensione in crescita. Incontriamo “Spadino”, un tipo piccolino con riccioli neri, magro. Lui ci parla di molte cose, dell’igiene personale e della pulizia dei bagni. Non è arrabbiato però sottolinea le differenza tra “noi e loro”. Spadino lavorava alla WAM, una grande azienda, leader nel settore degli acciai. Ora è in Cassa Integrazione, attende che lo spostino da un’altra parte e spera di ritornare presto al lavoro.
Per settembre questo Campo verrà chiuso, ci dicono. Cosa accadrà alle persone presenti nessuno lo sa, nemmeno il ragazzo tunisino, seduto poco discosto su una panchina. E’ in Italia da nove mesi, passaggio obbligato, Lampedusa, non sa l’italiano, non sa bene dov’è, tanto meno cosa fare. Si sente solo e di fronte a lui un futuro molto buio.
Torniamo indietro verso il Campo gestito dalla Protezione Civile locale dove vorremmo incontrare qualcuno dei responsabili che Sara già conosce.
Lungo le strade, puntelli, tiranti, macerie, macchine dei Vigili Urbani, mezzi dei Vigili del Fuoco, suv e fuoristrada delle varie protezioni civili. Sembra quasi di essere ad una mostra-mercato, ad un’esibizione di divise, baschi e ruote per affrontare qualsiasi tipo di terreno.
Al Campo della Protezione Civile di Cavezzo incontriamo Paolo. Subito dopo arriva anche Maurizio Cavazza, il capocampo. Paolo ha avuto la casa lesionata mentre quella di Maurizio è proprio distrutta. Disponibili ed affabili. Ci raccontano la situazione, temono di essere dimenticati e sono proiettati a settembre. Maurizio ha un ghigno triste solo quando ci racconta che qualche sciacallo è entrato in casa a rubargli i vestiti, per il resto mostra grande energia e cuore per gestire una situazione che rischiava di travolgerli tutti. La grande incognita è settembre, l’avvio delle scuole, ancora da costruire, il lavoro che non c’è ed il freddo che presto arriverà.
Al Campo ferve l’attività. Arriva un’auto piena di viveri da scaricare, ci sono dei volontari che hanno bisogno di un paio di transenne…la cuoca, una signora di Lucca, sta preparando il caciucco alla livornese.
Noi ringraziamo dell’accoglienza e ci dirigiamo da un’altra parte. Questa sera siamo attesi ad un Campo Autogestito a Mortizzolo, nelle vicinanze di Mirandola, per una grigliata. Mortizzolo, zanzare come se piovesse. Il Campo è allestito all’interno del campo sportivo. Sotto i tendoni c’è molta gente e fa molto caldo. L’occasione è speciale perché la federcaccia locale, oltre ad offrire la grigliata, porta un assegno di 850 euro per la costruzione dell’asilo parrocchiale. Don Carlo è un prete giovane e indossa una maglietta rossa su pantaloni corti, gira per i tavoli a salutare persone, stringere mani, poi si ferma con noi. La chiesa è crollata, la canonica non esiste più e nemmeno l’asilo. Non ho nulla, ci dice, ma ho bisogno di strutture dove poter celebrare la messa e poter fare tutte le attività della parrocchia. Anche per don Carlo c’è settembre dietro l’angolo ed a seguire il freddo che da queste parti, quando arriva, non fa sconti a nessuno. Un tensostruttura costa 75 mila euro mentre per una in legno si sale a 200 mila. Cifre importanti per cui ben vengano gli 850 euro della federcaccia.
Nella serata si festeggia il compleanno di Lucia, che realizza borse in materiale riciclato, da vendere per sostenere le spese della parrocchia e si premia Evelina “la cuoca delle cuoche”. Due presine come regalo e molti applausi.
E’ tardi ed abbiamo ancora un po’ di strada da percorre per andare a dormire. Lungo il percorso, un posto di blocco. Ovviamente ci fermano ma è cosa di poco tempo. Arriviamo sul luogo prescelto per dormire, all’interno del parco di una casa, anche noi attendati. Attorno a noi il rumore delle auto che scorrono nella notte, il canto degli uccelli notturni e poi, al mattino, il canto dei galli, il coccodè delle galline, i richiami delle oche… Cavezzo, nell’Emilia che resiste.
Verona, 17 luglio 2012

Agostino Mondin

Direttore responsabile di Radio Popolare – Verona

veronainblog.it


Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

Latest Images

Trending Articles